Scenari futuri nel mondo del vino
LE VOCI DEL VINO. Protagonisti del mondo enologico - Intervista a: MARILENA COLUSSI from SGA Wine design on Vimeo.
Quali sono stati i criteri della ricerca?
La ricerca, tipo quantitativo, ha coinvolto campioni estesi di popolazione italiana rappresentativi della popolazione web, intervistati via Internet: un campione di 500 casi dai 18 ai 64 anni, Web People Doxa, e un campione ancora più esteso di oltre 2000 casi, intervistati tramite il panel proprietà di HQ24. Poi, durante Vinitaly e attraverso i siti delle testate del Gruppo 24 Ore (Bargiornale, Gdoweek, MARK UP, Ristoranti, VigneVini), abbiamo svolto un’indagine quantitativa su un gruppo di 300 operatori della filiera del vino: ristoratori, chef, sommelier, produttori, distributori.
Come è cambiato il consumo di vino in Italia, e in che modo si sta evolvendo il ruolo del vino nella nostra società?
Il consumo di vino in Italia è cambiato molto, quantitativamente e qualitativamente, negli ultimi 30 anni. Al consumo di un vino considerato come alimento tradizionale, di famiglia o del paese d’origine, se n’è sostituito uno più qualificato, anche se minore in termini quantitativi: siamo, infatti, scesi ormai sotto i 40 litri pro capite all’anno, praticamente la metà rispetto a 30 anni fa.
Tuttavia, l’interesse verso la qualità e la predisposizione a spendere nei confronti del vino sono aumentate; del resto se il consumo di vino è sempre meno un’abitudine ripetitiva e tradizionalistica, è invece sempre più un piacere, una scelta.
Il consumo è cambiato, è diventato anche più femminile: sempre più donne si avvicinano al vino da intenditrici, da conoscitrici o da semplici appassionate. Sfatiamo un mito: piace anche ai giovani, non bevono solo birra o altre bevande gassate. Quando viene raccontato, spiegato e reso accessibile al loro gusto, alle loro esigenze e alle loro aspettative, apprezzano anche il vino. Gli amanti della birra e quelli del vino stanno avvicinandosi progressivamente, creando dei bevitori “ibridi” tra le due categorie.
Quello tra gli italiani e il vino è un rapporto che è cambiato, e che continuerà a evolversi. Mentre resta costante la percentuale dei cosiddetti astemi, cioè gli italiani che affermano di non bere vino o altri alcolici (6% circa), il 42% dei bevitori si dichiara moderato ed equilibrato. Abbiamo un 28% di consumatori occasionali, che bevono quando si presenta l’occasione giusta, e un 21% che dichiara di bere in modo regolare; solo il 3% dichiara di bere in modo sostenuto.
L’insieme dei consumatori di vino delineato dall’indagine è estremamente sfaccettato; è dunque necessario saper posizionare i vini in modi diversi, a seconda dei consumatori che dobbiamo intercettare.
Sopra: Zenato, degustazione in cantina.
Sotto: Berlucchi, degustazione in spiaggia.
Quali cambiamenti sono emersi dalla ricerca riguardo ai modi e ai luoghi di consumo del vino?
In alcune regioni esiste da tempo la cultura dell’aperitivo o del vino a merenda, però storicamente, in Italia, il vino è sempre stato legato ai pasti principali.
Negli ultimi anni, invece, abbiamo visto accentuarsi l’importanza del vino durante l’aperitivo e diminuire quella del vino durante il pasto, che spesso avviene fuori casa, è un pasto veloce, leggero, composto da un piatto unico o uno snack. Mentre durante i pasti il vino può essere percepito come un appesantimento, nelle situazioni di festeggiamento o durante le cene conviviali, è entrato a far parte della dimensione della socializzazione.
Un altro cambiamento significativo nelle esigenze, nei modi e nei luoghi di consumo del consumatore di oggi: sempre più gli italiani apprezzano i locali che propongono non solo la bottiglia ma anche il calice di vino, o i calici di vino, in accompagnamento a un menù.
Quali sono i luoghi e le modalità con cui viene acquistato il vino oggi?
Nel tempo l’accessibilità del vino è aumentata molto; in particolare è cresciuto l’acquisto di vino nella GDO: supermercato principalmente, ma anche ipermercato e discount. La grande distribuzione rappresenta il luogo dove la maggioranza degli italiani (circa il 70% degli intervistati) ha effettuato un acquisto di vino negli ultimi 6 mesi.
Tuttavia, l’acquisto presso la cantina, quindi direttamente dal produttore, è un fenomeno che si sta rafforzando sempre di più: si tratta di luoghi spesso antichi e molto belli, oppure pionieristici ed innovativi, che offrono un’esperienza a tutto campo, coinvolgendo anche il territorio. Dall’indagine risulta che in media, tra i due campioni, il 32% degli intervistati (il 28% tra la popolazione Web Doxa, un po’ più giovane, e il 38% del panel HQ24, che comprende fasce d’età più ampie) ha effettuato un acquisto in una cantina negli ultimi 6 mesi. Questo è un fenomeno importante: è espressione di un bisogno, so non addirittura di un desiderio, proveniente dal consumatore per il quale l’atto di acquistare vino, si trasforma in un’esperienza di piacere che lo arricchisce sul piano culturale e personale.
Un altro rilevante cambiamento nei luoghi e nei modi di acquistare è stato poi introdotto da Internet: l’e-commerce è un fenomeno in forte crescita. Considerando entrambi i campioni, una quota tra l’11 e il 14% ha effettuato un acquisto di vino via Internet negli ultimi 6 mesi.
Infine, non dimentichiamo l’acquisto presso la classica enoteca, che resta ancora una pratica abbastanza diffusa, anche perché le enoteche si sono evolute, affiancate a wine-bar o ristoranti. Spesso offrono informazioni approfondite, consigli, assaggi e un packaging adeguato per un regalo o una situazione particolare.
L’indagine evidenzia poi tante altre situazioni in cui viene comunemente acquistato il vino: l’agriturismo durante le vacanze, ad esempio, o i negozi di vino alla spina, presso i quali il 10% degli intervistati ha fatto un acquisto negli ultimi 6 mesi.
Le Sincette e Derbusco Cives: punto vendita in cantina.
Che tipo di esperienza d’acquisto viene maggiormente ricercata dai consumatori?
I consumatori non sono tutti uguali: ci sono quelli più esperti, più sofisticati, più disposti a spendere, che richiedono un certo livello d’informazione. Poi abbiamo consumatori più abitudinari, più semplificatori, più tradizionalisti, che ripetono l’acquisto di una marca o di un prodotto che già conoscono.
Volendo tracciare un denominatore comune, quello che si chiede oggi è un’esperienza in cui il vino sia il protagonista: quando si accosta a un bicchiere o a una bottiglia di vino, il consumatore vuole assimilare la cultura che lo ha prodotto, l’ambiente, il territorio, il produttore, al di là del semplice prodotto.
La ricerca delinea 7 profili di bevitori. Può sintetizzarli?
Affiancando alcune variabili, dall’interesse conoscitivo nei confronti del vino alla disponibilità a spendere, al rapporto quantitativo, abbiamo identificato 7 profili, e chiesto poi ai nostri intervistati con quale si identificavano di più.
Il risultato è che possiamo individuare dei veri e propri entusiasti del vino, un gruppo inferiore al 10% tra i bevitori. Gli entusiasti sono competenti e appassionati, bevitori regolari, ben disposti a spendere.
È poi consistente il gruppo dei consumatori cosiddetti equilibrati, mediatori tra esigenze di qualità e di prezzo, che bevono “abbastanza”, e si appoggiano al consiglio dell’esperto, dell’amico, dell’enotecaro, del produttore o ricercano informazioni via Internet: siamo intorno al 27% nel campione più giovane Web Doxa e al 18% nel campione ancora più esteso HQ24, all’incirca un quarto dei nostri consumatori.
Un altro quarto di consumatori può essere definito di “aspirazionali”: hanno sete di informazioni, di sapere, di cultura, di stimoli, di storie riguardo al vino, ma considerano allo stesso tempo molto importante l’elemento prezzo. Per questo profilo sarebbe necessario studiare prodotti economici ma anche ad alto valore culturale, simbolico ed emotivo.
Poi abbiamo un 9% circa di “semplificatori”, dai gusti abbastanza semplici, basici. Non amano cambiare, hanno i loro vini di riferimento, sono molto attenti al prezzo, e si orientano su prodotti e marche solide, affidabili, trasparenti, oneste e fortemente riconoscibili.
I consumatori ancora più tradizionali e abitudinari sono coloro i quali non si discostano dal vino del loro paese, della loro regione, e tendono a bere quasi sempre lo stesso tipo di vino, mantenendo un forte legame con la terra d’origine e apprezzando la genuinità del prodotto. Sono generalmente consumatori un po’ più anziani in termini di età, più presenti al sud.
Infine abbiamo rilevato una quota pari al 7% circa di “follower”: non sono dei veri bevitori di vino, ma lo apprezzano nelle situazioni di convivialità, spesso fuori casa, nell’happy hour, durante le feste. Tendono a preferire vini frizzanti, in generale bianchi, e considerano il vino una bevanda ideale nella celebrazione della socialità.
Sopra: GIV (Gruppo Italiano Vini) catalogo prodotti.
Sotto: Guido Folonari web sites.
Per raggiungere questi diversi target, la comunicazione del vino dovrebbe differenziarsi, e come?
Sì, sarebbe opportuno. Spesso si ripetono i soliti cliché, riproponendo lo stesso messaggio allo stesso tipo di consumatore. In realtà, in questo momento di crisi in particolare, bisognerebbe osare, rompere gli schemi, inventare dei posizionamenti nuovi, pensando anche ai tanti consumatori “marginali”, che consumano poco e non s’intendono di vino. Non è utile guardare a questo segmento solo in termini negativi: bisognerebbe invece recuperarlo dando dei messaggi più facili da comprendere, posizionando i vini in termini più emotivi e divertenti, sollecitandone l’immaginario sul piano della fantasia. C’è spazio per diversificare la comunicazione del vino, pur mantenendo un denominatore comune.
Quali sono i valori che influenzano il consumatore nella scelta?
Il panorama del vino italiano è molto vario e complesso; tuttavia i valori che influenzano la scelta del consumatore possono sempre essere ricondotti a degli elementi basici che rimangono costanti nonostante cambino le mode, i tempi, i linguaggi. Per esempio l’esigenza di naturalità, che poi è anche un’esigenza di salubrità, è un driver della scelta molto importante. Il vino deve essere un prodotto naturale, vivo, onesto, autentico.
Un altro elemento importante è il territorio, che è l’elemento costitutivo dell’identità di un vino; sempre più italiani sanno che sono tanti i territori con delle qualità dal punto di vista enologico e non c’è più una regione migliore sulle altre.
Per il consumatore è anche sempre più importante che il produttore comunichi valori di sostenibilità, salvaguardia dell’ambiente, risparmio energetico, cura del territorio. Ad esempio, se il tappo di sughero resta un must, sinonimo di tradizione e di qualità, comincia però a esserci un’apertura nei confronti dei tappi non di sughero, se apportano dei vantaggi alla sicurezza del prodotto.
Altra questione molto dibattuta, quella dei solfiti: bisogna affrontarla. Mediamente non si sa affatto che cosa siano, ma vengono diffusamente associati a qualcosa che fa male alla salute. Tant’è che la conoscenza dei vini cosiddetti “zero solfiti” misurata dall’indagine è risultata molto più elevata di quanto ci si potesse aspettare. C’è, e sta crescendo, l’interesse del consumatore sulle sostanze che potrebbero arrecare disturbo, come i lieviti. In Italia ci sono sempre più persone vegetariane, cui è importante comunicare vini compatibili con la loro dieta.
Sopra: Podere Forte, enoteca Perinquà.
Sotto: Michele Calò, enoteca.
Delle azioni strategiche da intraprendere per lo sviluppo futuro, dall’indagine emerge che branding e Internet non sono considerati prioritari per il vino italiano. Potrebbe approfondire questo dato?
Abbiamo proposto 14 strategie e su ciascuna abbiamo chiesto di dare un voto da 1 a 10, relativamente all’importanza per aumentare il successo del vino italiano nel futuro. Il ruolo della marca in sé, del puro aspetto esteriore e del packaging, ha suscitato un livello di interesse un po’ più basso rispetto ad altre strategie perché, come Internet, è visto più come un mezzo che non come sostanza. Infatti la strategia che ha avuto più voti è quella che implica una valorizzazione del vino per la sua naturalità e la sua salubrità. Al secondo posto abbiamo il territorio: mantenere il legame con il territorio è considerato un valore, così come salvaguardare l’ambiente da cui proviene il vino. Una terza strategia, al secondo posto per gli operatori della filiera vino, è l’export; in questo momento il mercato italiano è plafonato e statico in termini quantitativi, mentre l’export sembra dare delle prospettive interessanti.
Sono poi importanti la sostenibilità, già menzionata, e il prezzo. In questi ultimi anni si è spostata verso l’alto l’asticella del prezzo medio sul mercato italiano ma, soprattutto in tempi di crisi, il consumatore è diventato più scettico e richiede trasparenza e coerenza, oltre che sconti e promozioni soprattutto presso la grande distribuzione e su Internet.
Un’altra strategia complementare e sinergica, che ha contribuito a rinnovare l’immagine del vino, aprendo le porte ai consumatori più sensibili, riguarda i vini biologici: interessano e appassionano sempre di più, come per altro i prodotti alimentari biologici.
È anche considerata interessante la proposta di diversificare i vini in un’area “smart”, più easy, pensando ai giovani e a delle occasioni di bevibilità in cui è importante avere un grado alcolico controllato. Poi ancora, l’innovazione e la sperimentazione: raccontare le nuove tecniche agronomiche ed enologiche è una strategia che ha riscosso un certo interesse.
Come si potrebbero rendere più efficaci e più incisive l’attività di branding e l’attività su web?
Puntando sempre sulla personalità, sulla distintività di un vino rispetto a un altro. Per rendere chiare le differenze va rinnovato costantemente anche il vocabolario, il lessico che utilizziamo quando descriviamo un vino e le sue componenti organolettiche, piuttosto che le caratteristiche di produzione o il territorio da cui proviene. È importante comunicare gli elementi d’immagine del brand, della casa vinicola, coniugandoli con informazioni e terminologie che possono arricchire le nostre conoscenze.
Quali caratteristiche dovrebbe avere il vino di domani?
Il vino di domani deve facilitare e rendere migliore la qualità della nostra vita e delle nostre relazioni. Deve dare piacere ed emozione, mantenendo la sua immagine di prodotto vivo e vitale, ma con una parte razionale, sicura, affidabile, certificata, per essere bevuto senza preoccupazioni e paure. Non un vino per dimenticare, come si usava dire una volta, o per alterare i nostri stati di coscienza: al contrario, il vino del futuro è un vino che arricchisce, che porta emozioni, immagini, cultura, e tutti i valori legati alla filiera produttiva, importante nel nostro paese anche dal punto di vista economico. Il vino del futuro deve poter essere scelto con orgoglio e consapevolezza di una filiera importante, cha va sostenuta in tutta la sua complessità.
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