Professione wine designer: Giacomo Bersanetti racconta ad Altroconsumo.
Le recensioni di oltre 300 prodotti, approfondimenti, informazioni preziose e consigli utili per capire come viene prodotto il vino, come conservarlo correttamente, come degustarlo: tutto questo è la Guida Vini di Altroconsumo, che nell’edizione 2019, appena pubblicata, ospita un intervento del nostro Giacomo Bersanetti, a cui sono state poste alcune domande sulla professione del wine designer.
Vi proponiamo un estratto dell’intervista, consultabile per intero sulla Guida Vini 2019 di Altroconsumo.
Come nasce la vostra azienda?
Ho conosciuto Chiara Veronelli e Francesco Voltolina, che insieme a me costituiscono il nucleo progettuale dell’azienda, durante il mio percorso formativo in ambito artistico, terminato con gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Per la precisione l’azienda nasce nel 1983 con il nome Congegno, in seguito Studio Grafico Artigiano, che nel 2006 evolve in SGA Corporate & Packaging Design […]. Oggi siamo un gruppo di circa 15 persone che condividono obiettivi e metodologia, sempre aperti a nuovi progetti creativi.
Le lettere “saltellanti” delle etichette la Monella e Bricco dell’Uccellone ricordano la tipologia di vino frizzante e la personalità vivace del proprietario dell’azienda che ha commissionato il lavoro.
Qual è stato il vostro percorso e perché avete deciso di orientarvi nel settore wine & spirits?
La prima vestizione di una bottiglia risale al 1983: si trattava dei vini la Monella e il Bricco dell’Uccellone dell’azienda Braida. Ci venne dato un acconto per lo studio di nuove etichette insieme a due casse di vino e noi, giovani progettisti all’inizio della nostra esperienza lavorativa, ci mettemmo a lavorare con entusiasmo, cercando di trasmettere lo spirito innovativo di Giacomo Bologna, il proprietario dell’azienda che ci aveva commissionato il lavoro. Ancora oggi questi vini sono venduti con le stesse etichette progettate da noi 35 anni fa. L’approccio sperimentale e innovativo che abbiamo messo fin dall’inizio nel nostro lavoro deriva dalle nostre esperienze nel mondo dell’arte visiva e da ricerche in ambito artistico. Lo stesso atteggiamento che abbiamo utilizzato, nel 1984, quando abbiamo realizzato la nuova veste delle bottiglie dell’azienda Cascina Castlét. […] Era la prima volta che la serigrafia veniva sperimentata su una bottiglia di vino.
In quegli anni ci siamo dedicati anche ad altri campi […], tuttavia, con il passare del tempo, abbiamo deciso di orientare la maggior parte dei nostri sforzi al mondo del vino, un mondo che ci appassiona e che ci permette grande libertà di espressione. […]
Quali sono le professionalità che compongono il vostro team?
Oltre ai progettisti che seguono ogni fase del lavoro, dal brainstorming iniziale alla consegna finale, e ai grafici, il nostro team è formato da consulenti di marketing e specialisti in ricerche di mercato. Questo ci permette di effettuare un’analisi strategica che preceda lo sviluppo del packaging o di un’immagine: prima si definiscono l’identità e i valori dell’azienda […]. È l’autenticità il pilastro su cui costruire qualsiasi progetto.
Fanno inoltre parte del nostro team gli account per la relazione con i clienti; inoltre si collabora intensamente con una web agency per i siti internet, con architetti per lo studio di stand e con copywriter per la comunicazione e la creazione di nomi per aziende o prodotti. Le diverse professionalità ci permettono di studiare un’azienda a 360 gradi: l’obiettivo è differenziarsi. […]
Le bottiglie serigrafate dell’azienda piemontese Cascina Castlét.
Quale percorso formativo consigliate per specializzarsi nel settore? Quali sono le competenze che deve avere un “comunicatore del vino”?
Quasi tutti i giovani che fanno parte del nostro team provengono da ambiti artistici, come l’Accademia di Belle Arti, il liceo artistico o scuole di design. Non esistono percorsi o strutture formative specifici, a parte il master “Wine & System Design” del Politecnico di Milano, creato negli ultimi anni. Tuttavia, per fare questo tipo di lavoro, è importante avere una base di studi d’arte a cui si devono intrecciare competenze in ambito filosofico, psicologico e anche tecnico. Soprattutto, chi lavora in questo campo deve amare e conoscere il vino. […]
La bottiglia di Barolo Chinato della Casa vinicola Pio Cesare, oggetto di un restyling che potrebbe definirsi “vintage”.
Come sono cambiate le richieste di design nel tempo e di conseguenza come si sono modificate le etichette?
Fino agli anni ‘80 le etichette tendevano a raffigurare il luogo di origine o la proprietà e l’atteggiamento dei produttori era l’opposto di quello attuale: erano portati a imitarsi, a differenza di oggi, che si punta sull’originalità.
L’etichetta era inoltre caratterizzata dalla presenza di una grande quantità di informazioni: era un supporto comunicativo, pubblicitario e spesso erano presenti i premi acquisiti o i riconoscimenti dati all’azienda. L’anno scorso abbiamo realizzato il restyling delle bottiglie dell’azienda Pio Cesare richiamando proprio questo tipo di linguaggio e di immagine, caratterizzato dalla presenza di medaglie, concorsi, frasi o titoli come “Premiata Casa vinicola”.
Oggi, per lo più, sull’etichetta si usa riportare solo le informazioni essenziali […]. È stato proprio il mercato italiano, per differenziarsi dalle etichette francesi ricche di decorazioni, a puntare sull’essenzialità, abbandonando la vecchia ridondanza.
L’etichetta è cambiata non solo nella componente grafica ma anche da un punto di vista materiale: è importante che oggi sia affidabile e duratura nel tempo, quindi che non si stacchi dalla sua bottiglia […] nemmeno in caso di immersione nel secchiello […].
Qual è la cosa più complicata nel creare il packaging di una bottiglia di vino? Ci sono delle regole a cui si deve sottostare?
La cosa più difficile è individuare gli elementi distintivi che caratterizzano e differenziano le varie realtà; spesso in un’unica, piccola area sono presenti molti produttori che hanno necessità di differenziarsi. A volte il nostro intervento si traduce in una sorta di percorso introspettivo per fare emergere i valori identitari dell’azienda. Per questo motivo il rapporto che si instaura con i clienti è molto stretto.
Le regole da seguire sono legate alle normative, come l’obbligo di fornire alcune informazioni in etichetta; […] spesso è necessario consultare enti come l’Ufficio Repressione Frodi, la Camera di Commercio, i Consorzi o gli studi legali specializzati in questo ambito.
Le linee essenziali della bottiglia di Moscato d’Asti dei Vignaioli di Santo Stefano. L’etichetta è ispirata al romanzo “La luna e i falò” di Cesare Pavese.
Esiste un legame tra la forma e le caratteristiche della bottiglia e la tipologia di etichetta che viene creata?
[…] Il rapporto fra etichetta e corpo della bottiglia è uno degli aspetti determinanti. Negli ultimi 30 anni le forme delle bottiglie sono molto cambiate, diventando più belle e funzionali, caratterizzate da linee geometriche essenziali. Ne è un esempio il Moscato d’Asti dei Vignaioli di Santo Stefano di Ceretto: le linee della bottiglia sono gotiche e la soluzione adottata è stata per quel tempo, il 1987, assolutamente innovativa. Si staccava da tutto quello che era presente fino a quel momento sul mercato e fu presa d’esempio da molte aziende.
Un altro caso interessante per capire l’importanza della forma della bottiglia è quello del vino Ora da Re della Cantina dei Feudi. Il consorzio, allora committente, facendo dei lavori di restauro di una masseria siciliana, scoprì 9 botti di vino murate per oltre 60 anni. Furono fatti assaggi e coinvolti esperti come Luigi Veronelli, che diede il nome al vino e patrocinò l’iniziativa. Per l’operazione disegnammo il marchio, l’etichetta, il secondary packaging e, in particolare la forma della bottiglia. Per accentuare la forte componente temporale che caratterizzava quel vino particolare allungammo il collo di almeno tre volte.
La bottiglia del vino Ora da Re ha una forma molto particolare, con il collo molto allungato.
In che modo i diversi target influiscono sulla creazione di un’etichetta?
Per alcuni target si utilizza un linguaggio specifico: è il caso del target legato al “mondo della notte” (discoteche e locali notturni). Oppure per i paesi nordici che preferiscono messaggi semplici, di forte impatto e che veicolino un contenuto di naturalità ed ecosostenibilità. Il mercato cinese, invece, ama etichette tradizionali. In linea di massima, comunque, i produttori preferiscono stabilire un dialogo con il consumatore indipendentemente da fascia d’età, genere e paese di appartenenza, trasmettendo messaggi trasversali.
Anche la tipologia di carta influenza la percezione? In quale modo?
Certo, moltissimo. Esistono centinaia di supporti. I supporti patinati restituiscono meglio il colore vivo, brillante; con carte naturali si ottiene invece un effetto opaco e morbido. Così, l’etichetta di un vino biologico può preferire una carta che restituisca un senso di naturalità e che provenga da cartiere allineate alle campagne di produzione di rinnovamento delle fonti. Ci sono poi anche carte metallizzate, perlescenti, supporti che rispondono al tatto e alla luce in modo diverso.
Un’ultima domanda. In che modo curate tutta la linea di un intero produttore? Come approcciate l’intero progetto?
Cerchiamo di dare coerenza all’intero progetto e armonia a tutti gli elementi che lo compongono. È importante individuare il valore di autenticità dell’azienda e su questa costruire tutta la comunicazione. Ad esempio […] per Alois Legeder, in occasione del lancio del restyling della Linea Classici, abbiamo creato un packaging particolare che conteneva cinque bottiglie, ognuna caratterizzata da un motivo artistico differente disegnato da un diverso artista.
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