I Millennials: Analisi di Marilena Colussi, esperta di ricerche di mercato e comunicazione.
Marilena Colussi, partner di Sga Wine Design, esperta di ricerche di mercato, comunicazione e consulenza sulla marca.
Dal 1989 al 2009 lavora nella società fondata da Giampaolo Fabris, pioniere della sociologia dei consumi, come direttore di ricerca e responsabile degli Osservatori sul cambiamento socioalimentare, sull’ambiente, sulla raccolta differenziata (Osservatorio CONAI) e sul biologico (Osservatorio Sana); svolge numerosissime ricerche ad hoc qualitative e quantitative.
Con il medesimo ruolo, matura una notevole esperienza presso altri importanti istituti di ricerca, quali Doxa e Explorer-Ipsos.
Nel 1999 inizia le collaborazioni giornalistiche con GDOWEEK e, a seguire, con le testate Business del Gruppo 24 Ore e Il Sole 24 Ore.
Nel 2011 fonda il proprio istituto di ricerca e consulenza, con un network di collaborazioni professionali di altissima qualità e, nel 2012, tiene una rubrica sui consumi e mercati sul Panificatore Italiano. Cura inoltre il Rapporto “Il Vino italiano nel Mercato globale” promosso da Confagricoltura e patrocinato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e il Rapporto “Vino Futuri Possibili” del Gruppo 24 Ore.
In questa prima parte di intervista approfondiamo insieme a lei il tanto discusso tema dei Millennials, attraverso un’analisi dal taglio sociologico.
Ciao Marilena, oggi abbiamo il piacere di approfondire insieme a te un tema molto attuale quale quello dei Millennials. Come esperta di consumo, come definisci questo tipo di target?
I cosiddetti Millennials sono i giovani adulti che oggi hanno tra i 18 e i 35 anni, nati tra l’inizio del 1980 e del 2000, dunque le prime giovani generazioni cresciute nell’epoca digitale e su cui spesso i Media applicano etichette troppo generaliste e cliché. Peraltro parliamo di una fascia anagrafica ampia, con ovvie differenze e disomogeneità sia psicologiche che nei comportamenti di consumo. Per comprenderli è utile ripercorrere alcune tappe del contesto socio-culturale in cui si è sviluppata la loro crescita e formazione: si tratta di un periodo segnato da profondi e sempre più veloci cambiamenti. Degli anni ’80 ricordiamo la fase più edonistica, ottimistica e consumistica della nostra recente storia, segnata dal crescere dell’individualismo di massa e da un’economia e welfare in crescita nel nostro Paese. Gli anni ’90 sono stati caratterizzati da crisi di vario tipo: economiche e sgretolamenti di molte certezze, regole, ruoli ed obiettivi precedentemente condivisi. Ad esempio, il crollo del muro di Berlino nel 1989 con la fine dell’ideologia comunista, la laicizzazione della società e dal 1993 il fenomeno immigratorio, che in pochi anni ci ha aperto alle popolazioni provenienti da tutto il mondo. Sul fronte dei consumi, profonde sono state le innovazioni e le trasformazioni del sistema produttivo, del marketing & branding e del retail. Dunque una fase discontinua e frammentata anche sul piano dei valori: aperta al nuovo e all’innovazione - grazie anche al diffondersi di internet - ma anche a fenomeni di ripiegamento su sé stessi e chiusure. Il terzo millennio si caratterizza sia con nuove crisi e ansie, che sfide e opportunità: spinte global e local, digitalizzazione diffusa, ruolo pervasivo dei social, condivisione e sharing economy, ricerca di benessere ma con la consapevolezza di uno sviluppo sostenibile per la salute umana e l’ambiente. E’ un quadro di eventi molto sintetico e sicuramente non completo ma utile a comprendere il veloce e sempre meno lineare cambiamento, in poco più di vent’anni, anche degli approcci genitoriali ed educativi-formativi eterogenei, che sono altrettanto importanti per comprendere questa nuova generazione adulta. La complessità odierna in cui vivono i Millennials li vede protagonisti del prossimo futuro, di cui a breve ne prenderanno la leadership, ma anche vittime di miopi e disastrose scelte precedenti (politiche, ambientali, sociali…). Il lavoro e l’occupazione rappresentano per loro un serio problema - come emerge da una mia recente ricerca su un campione rappresentativo di 600 Millennials – e anche per questo motivo si stanno orientando alla creazione di nuovi lavori e forme di imprenditorialità. Nei consumi prediligono messaggi chiari e semplici da decodificare, più autenticità e sostenibilità. Il ruolo del branding di tipo effimero e fine solo a un plus valore di prezzo è molto ridimensionato ad esempio. E ciò vale anche nelle scelte alimentari e del bere. Dunque il ruolo dell’informazione è fondamentale insieme a quello dell’emozione. La narrativa più efficace per i Millennials è quella legata all’esperienza e su questo aspetto anche le cantine dovrebbero, a mio avviso, indirizzare sempre più le proprie azioni.
I Millennials dunque sono cresciuti nel cambiamento: di idee, di ruoli, di attitudini, di conoscenze, di comportamenti e consumi e sono la generazione adulta più formata e performante sul piano digitale. Quale deve essere l’approccio nei loro confronti?
Non possiamo banalizzarli in quanto giovani e non solo in ragione della fascia di età molto ampia. Mai come ora occorre fare serie ricerche e test, di caso in caso: osservare, ascoltare e stimolare con i corretti strumenti ed approcci di ricerca questo importante segmento di popolazione perché contiene molteplici target. Certamente li accomuna l’essere formati nell’era internet, sia come fruitori che come attori e autori. Se guardiamo ai numeri, in Italia i Millennials sono oltre 12 milioni e la maggioranza vive a casa con i genitori. Il 40% lavora, il 19% studia, il 17% studia e lavora contemporaneamente mentre il resto è alla ricerca di un’occupazione. Parliamo di una generazione di giovani molto diversa dalle precedenti, anche rispetto a quella che ora ha tra i 36 e i 50 anni e che ha vissuto la giovinezza negli anni analogici, pre-crisi e recessione. I Millennials italiani hanno meno rimpianti ed illusioni ma non per questo sono senza ideali. Al consumismo degli oggetti spesso preferiscono la fruizione di emozioni, concetti ed esperienze, soprattutto se condivise e sharing. Sono molto più disincantati da un branding inteso come sovrastruttura senza verità: sono invece in grado di premiare prodotti meno massificati, che si distinguono per il loro contenuto di valore e distintività. Sono informati, attenti, social, influencer anche se spesso sono preoccupati per il futuro. Da una mia recente indagine emerge che, per 6 giovani su 10, è proprio il lavoro la principale sfida da vincere. Al secondo posto troviamo la sostenibilità ambientale e l’innovazione tecnologica.
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