18 / 09 / 2012

2012 - Tre bicchieri Gambero Rosso: come si costruisce un vino di successo

Viaggio tra i segreti delle grandi agenzie di brand strategy

Bottiglie dal look vintage, etichette d’artista, concept minimalisti, loghi evergreen, packaging che strizzano l’occhio alle mode del momento. Anche il vino ha bisogno dell’abito giusto da indossare per presentarsi al suo appuntamento più importante: quello con il consumatore. Per questo sempre più aziende decidono di investire sul look del loro vino e si affidano a società specializzate.
Tre Bicchieri è andato a vedere quella che si può definire la “postproduzione del vino” parlandone con due agenzie che, come si dice, sanno il fatto loro: la Robilant Associati di Milano, fondata da Maurizio di Robilant, e la Sga Corporate & packaging design di Bergamo, nata dall’unione di tre “progettisti di immagine” (vogliono essere chiamati così), Giacomo Bersanetti, la moglie Chiara Veronelli (figlia del mitico Luigi) e Francesco Voltolina. Entrambe attive da trent’anni ed entrambe chiamate dal Consorzio Chianti Classico per rifare tutta la “corporate identity” della Doc toscana.

Cominciamo a sentire Paola Schettino, brand strategist e partner di Robilant Associati: “Rispetto al passato, oggi non c’è azienda del vino di una certa dimensione che non pensi anche all’immagine del suo prodotto. Una volta ci si fermava alla bottiglia e all’etichetta. Ora non basta più. Bisogna scavare più a fondo, nella storia del territorio e della cantina per tirarne fuori un “plus” e questo significa anche creare eventi, interagire con il territorio, progettare siti internet, creare il marchio e farne un valore imprescindibile dal prodotto”. Qualche esempio? “La case history di uno dei nostri clienti, la Cantina Tramin - continua Schettino - insieme abbiamo individuato quello che noi chiamiamo “talento” (carattere unico dell’azienda) partendo dal suo prodotto di punta, il Gewurtztraminer. Da lì al legame con l’olfatto il passo è stato breve e questo ci ha permesso di giocare sulla parte più emotiva del prodotto, sia in etichetta sia nel concept”. Il rapporto col territorio vale anche con i clienti esteri. Spiega ancora la brand strategist: È accaduto in Cina dove ci siamo occupati del marchio di Chateau Junding (una delle più importanti cantine della Nava Valley, proprietà del colosso pubblico dell’agroalimentare, Cofco; n.d.r.). Qui abbiamo deciso di abbandonare gli schemi e i codici europei e di vestire la bottiglia con abiti orientali”. È nato così il logo di Chateau Junding: versione stilizzata del copricapo dell’imperatore Kangxi della dinastia dei Qing, mentre l’etichetta riproduce l’immagine dello stesso Chateau.

E in Italia qual è la richiesta più frequente? Risponde Giacomo Bersanetti presidente di Sga: “I clienti ci chiedono come si può fare per aumentare la visibilità dei loro vini e per fare questo oggi più che originali bisogna essere unici e saperraccontare una storia”. Come la Sga ha fatto con Berlucchi ‘61, una linea di Franciacorta vestito con abiti anni ‘60, tributo all’anno in cui nacquero le prime bollicine bresciane. Grafica e colori (dalla bottiglia, ai cofanetti ai cataloghi) richiamano le prime minigonne alla Mary Quant, i capelli a caschetto e i 45 giri. Risultato? Una crescita media del 20% in tre anni.

Berlucchi

E poi ci sono i codici stilistici che non passano mai di moda, gli evergreen come il nero di Bricco dell’Uccellone dell’azienda Braida di Giacomo Bologna (uno dei primi clienti della Sga), il cui nome si ispira ad una vecchia signora sempre vestita di nero, che era stata soprannominata appunto “l’uselun” (uccello).

Braida

Altra “storia raccontata” dall’agenzia bergamasca è quella del vino Ai Suma della stessa azienda Braida: “Ai Suma in dialetto bergamasco significa “Ci siamo” riferito al vino. E infatti l’etichetta rappresenta le labbra sorridenti di Giacomo Bologna, il proprietario della cantina”. E l’arte che posto ha nel lavoro di un’agenzia di design come la Sga? “È fondamentale - risponde Bersanetti - collaboriamo con artisti internazionali come nel caso di Tenuta L’Illuminata (di Guido Folonari; n.d.r.) per cui l’artista greco Dimitris Kozaris ha cercato di cogliere la luce e l’ombra della luna sui grappoli e le foglie del vigneto attraverso una Polaroid e con la tecnica della rayografia.
O come nel caso della bottiglia di grappa Solchi dell’azienda Bocchino per cui ci siamo affidati allo scultore Giuliano Giussani che ha riproposto nel vetro della bottiglia i solchi del terreno. Come a dire l’abito non farà il vino, ma di sicuro lo fa vendere.”

Solchi

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