2006 - VQ
Questione di brand
Quale valore ha oggi il marchio Made in Italy per il vino italiano? Questo il tema dei VI Forum organizzato a Roma lo scorso febbraio da Agivi, l’associazione che raggruppa 120 giovani imprenditori aderenti all’Unione Italiana Vini.
Sempre di più l’immagine è una delle componenti della qualità di un vino, ma come può un produttore comunicare al consumatore il messaggio contenuto nella sua bottiglia? E soprattutto come lo recepiscono i diversi destinatari? Questioni importanti per non dire vitali, oggi che i vini del Nuovo Mondo incalzano sugli scaffali dei nostri supermercati, tanto che i litri di vino provenienti dai nuovi Paesi nel 2005 sono cresciuti del 2,4% (Fonte: elaborazione Il Sole 24 Ore del 26/2/2006 su dati Ice).
Realizzato in collaborazione con Buonitalia, il VI Forum Agivi ha analizzato l’aspetto sociologico del brand, a confronto con l’esperienza del settore moda, dove il marchio assume un valore determinante nel successo di un prodotto, e ha presentato i progetti futuri delle istituzioni per valorizzare il made in Italy, nonché il nuovo marchio dell’Associazione. Ma come definire un marchio? Per Giacomo Bersanetti della SGA, che ha curato il nuovo simbolo dell’Associazione, “un marchio è un confine permeabile che ricerca la condivisione della sua identità da parte dei suoi utenti, ma è anche il primo contatto tra consumatore e prodotto, per cui deve dare forma al valore”. E se l’importanza della griffe nel campo della moda è evidente -”dove la logica dell’acquisto non risponde alla soddisfazione di un bisogno, ma identifica uno stile di vita” - per Manlio Cocchini della Gilmar “il consumatore di vino fa parte dello stesso target di quello della moda, il vino e la moda sono tutti e due prodotti sensoriali e stagionali; oggi non bastano più il gusto o il colore per fare un vino di successo. Forse si dovrebbe dare più visibilità alla storia, ai protagonisti e ai luoghi che contribuiscono alla creazione di un prodotto di qualità, non solo presso agli addetti ai lavori”.
La marca dunque come leva fondamentale per la creazione di valore dì un prodotto, e il concetto di notorietà che si collega alla capacità di essere riconosciuta (brand recognition) ma anche ricordata (brand recall). L’immagine di un marchio è invece connessa alla percezione di valori e di significati associati dal consumatore. Quale significato assumono questi aspetti nel settore vino? Per Patrizia De Luca, dell’Università di Trieste, l’intero settore soffre “per la mancanza di notorietà del brand, per il fatto che i consumatori, poco o per nulla informati, vi attribuiscono significati non omogenei, e confondono i diversi livelli di denominazione: nome del produttore, regione di provenienza e vitigno”. Spesso il consumatore sceglie in pochi secondi al momento dell’acquisto e lo fa sulla base di criteri come il prezzo e le occasioni d’uso, che agiscono da fattori principali: allora è la percezione dei packaging a influenzare la decisione finale. “La confusione nelle informazioni, che per consumatori diversi assumono diversi significati, è uno dei problemi da risolvere. Un’occasione particolare per il settore è data dall’economia dell’esperienza, nel cui ambito la creazione di cultura alimentare, il legame con il territorio e il turismo enogastronomico possono rappresentare un percorso di successo”, ha concluso la De Luca.
Un invito “a restare radicati nel territorio di appartenenza” è venuto anche da Paolo Preti dell’Università Bocconi dì Milano, “perché il vino non è un prodotto effimero come la moda, ma è destinato a durare nel tempo e il marchio va costruito partendo dal basso, attraverso l’esperienza delle generazioni precedenti. Infatti a differenza della moda, in cui la componente simbolica gioca un ruolo dominante, bere e mangiare devono primo di tutto soddisfare i nostri bisogni di sicurezza”. E se la profonda evoluzione qualitativa della nostra enologia ha coinciso con una trasformazione radicale dell’immagine, “i giovani imprenditori hanno sempre più la necessità di dialogare con chi deve sostenere il nostro settore all’estero”, ha dichiarato il presidente Agivi, Enrico Drei Donà.
L’impegno a tutela delle indicazioni geografiche è stato ribadito da Fabrizio Mottironi, presidente di Buonitalia, che ha indicato “nei tre tavoli con le Regioni, i Produttori e i Consumatori gli strumenti tecnici operativi a sostegno delle imprese italiane impegnate sui mercati internazionali”. Al termine dell’incontro, che si è tenuto all’Hotel Parco dei Principi, sede dell’Ais di Roma, con il sostegno dell’Arsial, si è aperto il Wine Bar del Bere Giovane, l’iniziativa ideata da Agivi che da anni l’associazione presenta in varie piazze d’Italia. In degustazione per il pubblico romano una cinquantina di etichette che, in tema con l’argomento del Forum, sono state scelte dai produttori come quelle più rappresentative delle proprie aziende.
Francesca Bizzarri