Label Art: l’incontro tra ricerca, progetto e produzione - Parte 1.
Label Art, evento voluto dall’associazione “Gli Ergonauti” e da Maria Teresa Tonutti, vede protagonisti Paolo Bernardis, ricercatore che si occupa di percezione visiva e neuroscienze cognitive presso l’Università degli Studi di Trieste, e Giacomo Bersanetti, designer e fondatore di SGA Wine Design, in un approfondimento sulle relazioni che intercorrono tra ricerca, progetto e produzione.
Lo spirito con il quale è nata l’idea di questo incontro va nel senso di accorciare la distanza che ancora c’è tra mondo dell’impresa, dell’università e la società. Lo scopo è stato quello di far dialogare chi fa ricerca per produrre conoscenza, nello specifico sulla nostra mente e sul cervello, e chi usa questa conoscenza per realizzare un prodotto, l’etichetta di una bottiglia, per comunicare nella maniera più efficace con l’utente finale.
Le informazioni visive che giungono ai nostri occhi vengono elaborate e trasformate per creare all’interno della nostra mente delle rappresentazioni del mondo esterno in cui viviamo. Queste rappresentazioni interne (o percetti) si formano seguendo dei principi o modelli di funzionamento dei processi cognitivi che non si limitano a spiegare il funzionamento della mente ma cercano di spiegare come possono essere implementati nel nostro cervello in meccanismi neurali, ossia modelli di funzionamento di insiemi di cellule nervose, di cui è formato il nostro cervello.
La percezione del mondo esterno
Lo studio della percezione ci pone davanti ad alcuni problemi preliminari che ci aiutano a comprendere la natura stessa dello studio della percezione. Kurt Koffka (1886-1941), uno dei fondatori della scuola della Psicologia della Gestalt, nel libro The Principles of Gestalt Psychology (1935), si pone la seguente domanda: “Why do things look as they do?” che in italiano significa “Perché le cose appaiono come appaiono?”
Domanda apparentemente strana. La riposta più semplice è che il mondo e gli oggetti sono qui presenti e ci appaiono in questa maniera (rossi, morbidi, grandi, caldi, ...) perché in realtà sono fatti così. Questo tipo di approccio si chiama realismo ingenuo, e se adottato non ci porta lontano nella scoperta dei meccanismi di funzionamento della percezione. Secondo un approccio diverso definito realismo critico le cose appaiono come appaiono perché l’organizzazione imposta dal sistema mente/cervello è quella che è. In altre parole è l’organizzazione intesa come insieme di leggi e principi di funzionamento del sistema mente/cervello che fa si che noi esperiamo le cose come rosse, calde e morbide. Molti sono gli esempi che dimostrano come l’approccio del realismo ingenuo sia sbagliato.
Ad esempio nel “triangolo di Kanizsa” si vede un triangolo bianco centrale con una punta rivolta verso l’alto il cui colore bianco è più chiaro del bianco dello sfondo.
Il Triangolo di Kanizsa - COMPLETAMENTO MODALE
In realtà, fisicamente non esiste alcun triangolo bianco, ma tre cerchi neri a cui manca uno spicchio. Da questo esempio si può capire che “vediamo” il triangolo bianco non perché “sia qui sotto presente”, ma perché il nostro sistema mente/cervello è fatto in maniera tale da farci “vedere” il triangolo bianco. Parecchi anni dopo che questa illusione è stata documentata da Gaetano Kanizsa (1913-1993), due ricercatori (Grossberg & Raizada, 2000) hanno proposto un modello di funzionamento delle cellule nervose nel nostro cervello, che spiega perché, grazie ad un sofisticato sistema di connessioni eccitatorie ed inibitorie, nell’illusione del Triangolo di Kanizsa riusciamo a vedere il triangolo bianco centrale, nonostante quest’ultimo non esista.
PAOLO BERNARDIS
Seguono esempi di progetti ispirati al fenomeno percettivo del “completamento modale”.
Fontanafredda - 2006
Gialdi - 2012
Winzenberg - 2016
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